Il luogo non luogo della tecnica
con
A. Allegra, G. Alvi, R. Paradisi, A. Scarabelli, G. de Turris
sabato 6 marzo 2021 su Zoom
L’ “opera lirica” è figlia del poema cantato e nasce come poema sceneggiato. E’ una forma di racconto espresso con il canto, la musica e la messa in scena.
La sua evoluzione, durata tre secoli e mezzo, è per un buon tratto parallela a quella dell’altra forma di racconto teatrale, il dramma o tragedia o commedia. In entrambe le forme di teatro, ma più rapidamente nel teatro recitato, i temi originariamente tratti dal mito o dalla storia antica lasciano gradualmente il passo a soggetti sempre meno remoti nel tempo o nello spazio; e la società dell’Ottocento arriva a parlare di sé, raggiungendo la contemporaneità , anche nella forma del melodramma: La Traviata rappresentata nel 1853 è ambientata nel “1850 circa”; l’azione di Fedora, opera del 1898, si svolge “alla fine del secolo XIX”. Né la presenza non realistica della musica e del canto costituisce un ostacolo.
Nel corso della stessa evoluzione, sia nel teatro recitato che in quello cantato, il linguaggio abbandona la forma poetica e tende a divenire quello corrente. Tutto ciò vale però per il teatro serio; nel teatro comico invece, fin dal suo nascere, l’attualità del soggetto e del linguaggio appaiono naturali.
La distanza tra i due generi, recitazione e canto, si manifesta con enfasi nel corso dell’Ottocento. Il teatro in prosa, mosso sempre più da un’esigenza di veridicità , di aderenza alla realtà , abbandona il monologo, evidente finzione. Il teatro in musica non lo può fare: il canto è per sua natura l’espressione dell’animo, ed anche quando vi è scenicamente dialogo, rappresenta il versante interiore del dire; nel duetto, i personaggi cantano su musiche diverse, che possono arrivare a fondersi nell’unisono; di fronte a un evento cruciale della narrazione, spesso i personaggi  cantano contemporaneamente, ma è irrilevante se si ascoltano o no, esprimendo ciascuno il proprio stato d’animo: quello che nel teatro di prosa potrebbe essere un silenzio. Dettaglio significativo è il caso della lettura a voce alta di una lettera, che di regola viene recitata o declamata, non cantata, perché non propria del personaggio; e come riprova c’è il Singspiel, dove la parte connettiva, il dialogo con cui l’azione si sviluppa, non è cantata; e così anche nell’operetta, la sorella minore dell’Opera.
Rimane poi nel teatro in musica un personaggio assai poco reale, il coro, da tempo scomparso nel teatro in prosa. Il tempo, che in quest’ultimo coincide ormai con quello reale, nel teatro in musica ovviamente non ha rilevanza: l’ingresso di Arturo ne I Puritani, che realisticamente si risolverebbe in qualche parola di saluto, è una scena che dura più di sei minuti. (Ma i registi moderni dell’Opera non riescono a scordarsi del tempo reale e lo debbono riempire con il movimento scenico).
All’evoluzione verso temi sempre meno aulici si accompagna una diversa accentuazione del canto: prima, la voce principalmente come suono di uno strumento musicale assolutamente sui generis, poi, sempre più come espressione. E della musica: prima, alla ricerca del bello in sé, forse al di sopra dell’agitazione scenica o dei turbamenti umani; prima, si può dire, soltanto luce, poi sempre più colore: chiamata non soltanto a incorniciare il canto ma a corrispondere, secondo canoni misteriosi, all’azione scenica, a dipingere  tutto ciò che di indistinto proviene dal racconto, evocando emozioni, suggerendo assonanze: un’attitudine che viene esasperata in Wagner. E’ curioso come anche in una forma assai più moderna e realistica di racconto come il cinema, si continui a far ricorso alla musica, pur se ridotta in funzione subalterna e senza pregi artistici. Dopo la follia autodistruttiva del primo conflitto mondiale, la società europea non riesce più a rappresentare se stessa nell’opera in musica: i soggetti vengono attinti  dalla favola, dalla leggenda, da storie di un lontano passato. E abbastanza rapidamente la sua creatività si inaridisce. Nonostante un innesto di musica dodecafonica, credo si possa dire che dalla metà del secolo scorso, l’opera in musica non è più vitale. E forse non è del tutto un caso che proprio allora si afferma il Musical, di esclusiva matrice angloamericana.